La rivolta dei ciclisti

Sottotitolo: E se davvero accadesse?

(racconto di fantasia… )

E fu così che i ciclisti, dopo anni di soprusi, malversazioni, insulti e morti in strada, persero la pazienza e decisero tutti insieme di tornare in strada. Ma questa volta in macchina. In centinaia di migliaia. Immettendosi in quel traffico già caotico di automobilisti che per anni li avevano bistrattati, insultati, investiti, spesso parcheggiando sulle ciclabili.

Un ritorno che contribuì in maniera decisiva alla esasperazione del congestionamento di tutte le strade. Con grande scorno per tutti quelli che già erano costretti a rimanere in fila al semaforo e girare a vuoto alla ricerca di un parcheggio libero. Ci fu una iniziale euforia perché le piste ciclabili tornarono ad essere parcheggi a tutti gli effetti, ma durò poco perché le auto di nuovo in strada furono di gran lunga più numerose dei posti “ricavati” dalle ciclabili.

Poi ci fu il panico. Ecco fu in quel momento che le code al semaforo si allungarono di tanto ed anche i parcheggi disponibili improvvisamente diminuirono, quasi fino a scomparire.

Tornarono in strada centinaia di “vecchi con il cappello” sulle loro vecchie Panda verdine, tornarono in strada tantissime “signora Maria” che fino al giorno prima erano andate a fare la spesa in bicicletta ma che da quel momento in poi tornarono in giro con la macchina, una qualsiasi. Magari un po’ scassata. Tutti con la solita difficoltà di guida e con la loro proverbiale lentezza di riflessi e incertezza nel parcheggio. Finirono per intasare ulteriormente le strade già particolarmente intasate.

In un sol colpo sparirono persino “i birilli” di un noto adesivo sulla macchina lasciando sgomento e senza nulla da fare l’imbecille che lo aveva ideato. Nelle grandi città si liberarono posti per le automobili sui marciapiedi grazie alla scomparsa dei porta biciclette. Durarono poco, rapidamente invasi dal grande numero di auto in circolazione. Sparirono dall’oggi al domani intere categorie di attività commerciali come la vendita o la riparazione delle biciclette. Sparirono persino i ciclisti provenienti dall’estero scoraggiati da una incomprensibile normativa che li obbligava a comportamenti che a livello europeo vengono istituiti solo in Italia. In realtà i turisti tornarono in Italia attirati comunque da uno dei paesi più belli del mondo ma arrivarono tutti in macchina, contribuendo ad affossare in maniera definitiva il traffico sulle strade dei lungolago o dei lungomare.

Dopo un iniziale momento di sbigottimento furono organizzate petizioni per far ritornare i ciclisti sulle due ruote e le “signore Marie” a spingere la loro bicicletta con le borse della spesa lungo i marciapiedi. Ma ormai era tardi, il danno era fatto. E migliaia di ex-ciclisti affollarono alla mattina le scuole ed i marciapiedi davanti alle scuole. In migliaia in doppia file “solo un minutino” per prendere il pane. In migliaia “la lascio qui che non do fastidio a nessuno” bloccarono autobus e tram. Le biciclette tornarono sommessamente ad impolverarsi in cantina. E non ci fu modo di tornare indietro.

E tutto questo grazie alla geniale intuizione: una tassa di circolazione per le biciclette, un registro delle immatricolazioni per le biciclette, che aveva inventato i costi per l’immatricolazione biciclette e naturalmente gli infiniti costi per i passaggi di proprietà. Oltre al casco e le frecce, sempre per le biciclette.

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